Ogni volta che pensiamo un progetto immaginiamo le cose in un certo
modo, sovrapponiamo quelle immagini alla realtà che ci circonda e
componiamo uno spazio che, fondendo la nostra percezione delle cose ai nostri desideri, le nostre esigenze a quelle
degli altri, prova a prendere una forma.
Ma quando si prova ad andare incontro all'altro, la realtà è sempre
diversa da ciò che si era immaginato e proprio per questo molto più ricca e
interessante.
Avevamo pensato di lavorare con dei bambini bangladesi, parte di una
comunità molto grande in un quartiere di Roma, ma ci siamo accorte che quella
comunità includeva molte altre possibilità e che circoscriverla sarebbe stata
una forzatura. Ci siamo trovate completamente immerse nella realtà di una città
in cui, nella scuola elementare di riferimento per il quartiere, le lingue di
provenienza dei bambini sono almeno dieci: albanese, rumeno, cinese, bengalese,
francese, inglese, spagnolo, arabo, portoghese e infine anche italiano. è stato naturale modificare il nostro
progetto e adattarlo alla realtà concreta dei bambini con cui abbiamo scelto di
interagire.
Si è subito posta una questione determinante: i bambini all'interno
della scuola parlano solo l'italiano e sono piuttosto restii a condividere la
loro lingua d’origine, che rappresenta il loro privato. Hanno necessità di
sentirsi uguali agli altri e perciò annullare le differenze, negando la propria
lingua madre. Per far sì che questo processo di condivisione non fosse una
forzatura, abbiamo elaborato dei giochi in cui le diverse lingue fossero il
risultato di un processo apparentemente casuale.
In primo luogo per l’età (6 anni), poi perché i bambini
provengono da contesti diversi e perciò hanno un bagaglio personale fatto di
esperienze, lingue, abitudini, culture, che condividono nella scuola e che crea
uno spazio comune già abbondantemente carico di stimoli, ci siamo accorte come l'attenzione dei bambini durasse molto poco. Le nostre proposte dovevano essere
semplificate il più possibile per essere accolte da tutti con chiarezza e poter
essere sviluppate in autonomia, seguendo solo il desiderio personale di
partecipare.
primo incontro
abbiamo presentato lo spazio della biblioteca misurandolo con il
corpo. I bambini hanno misurato la loro altezza aiutandosi l'un l'altro: dopo
essere diventati "metri di corpo"
hanno misurato lo spazio della biblioteca. Le mensole, i tavoli, le
sedie sono stati misurati con le loro braccia, gambe, teste. È stato un lavoro
lungo e dettagliato, i bambini hanno riempito la biblioteca di adesivi su cui
avevano scritto le parti del corpo con cui misuravano gli oggetti fino ad
arrivare all'ultima misurazione: i libri.
Questa operazione è stata il pretesto per prendere confidenza con lo
spazio e per vivere l’esperienza della lettura come attività non intellettuale
ma che coinvolge tutto il corpo. È così infatti che i bambini fanno esperienza
del mondo.
Nella fase finale del primo incontro abbiamo introdotto ai bambini il
tema delle ninne nanne con alcune letture di ninne nanne dal mondo.
secondo incontro
abbiamo costruito un vocabolario del corpo in dieci lingue. I
bambini si sono divisi in gruppi e hanno riunito delle tessere per comporre un
puzzle di diverse forme e dimensioni. Ogni gruppo ha così formato una parte del
corpo su cui era stata scritta la parola corrispondente in dieci lingue. I
bambini sono stati molto contenti di riconoscere casualmente la propria lingua
e di condividerla con gli altri. Dopo aver colorato le diverse parti del corpo,
i vari gruppi hanno formato un corpo intero. A quel punto, usando il corpo come
riferimento, ognuno ne ha indicato una parte e l’ha nominata nella sua lingua o
in una lingua che conosceva. Alla fine i bambini hanno disegnato vari elementi
del corpo (occhi, naso, bocca, orecchie, mani, piedi, ecc.) creando un
vocabolario multilingue da portare a casa e condividere con le proprie
famiglie. Il puzzle-vocabolario è stato lasciato ai bambini come strumento da
utilizzare in classe.
terzo e quarto incontro
in questa fase sono state coinvolte le mamme. Le nazionalità di
provenienza di quelle che hanno partecipato sono: Venezuela, Italia,
Bangladesh, Francia, Brasile e Tunisia.
Come prima proposta, vista la resistenza dei bambini a parlare nella
propria lingua madre, abbiamo chiesto ai bambini di insegnare alle mamme una
ninna nanna in italiano, che conoscevano perché l’avevano imparata a scuola.
Per alcune mamme la comprensione è stata molto difficile, alcune mamme bangladesi
parlavano poco o per nulla l’italiano, ma sono state comunque molto disponibili
e curiose.
Per favorire uno scambio tra lo spazio privato dei bambini e lo
spazio pubblico condiviso nella scuola, abbiamo poi chiesto alle mamme di
insegnare ai bambini una ninna nanna nella loro lingua d’origine. Divisi in
piccoli gruppi, guidati da una o due mamme, i bambini hanno imparato ninne
nanne in bangladese, spagnolo, arabo, portoghese, francese e italiano. Dopo
aver imparato le varie ninne nanne i gruppi si sono riuniti e le hanno cantate
agli altri. In questo modo i bambini si sono sentiti a loro agio nello
scambiare e condividere ognuno qualcosa del proprio mondo privato. Per la prima
volta hanno cantato una canzone nella loro lingua d’origine aprendosi e
mostrando la loro diversità senza vergogna. Alcune mamme sono tornate durante
entrambi gli incontri e nel secondo incontro anche loro hanno potuto imparare
una ninna nanna in un'altra lingua insegnata da un'altra mamma, creando così un
dialogo e uno scambio ulteriore, non solo tra mamme e bambini ma anche tra
mamme e mamme. Molto importante per noi è stato osservare come il processo
attivato nel primo incontro avesse fatto sì che durante il secondo le relazioni
e gli scambi tra mamme e bambini e tra mamme e mamme prendessero forma
autonomamente, al di là della nostra presenza.
Una volta completati i laboratori con i bambini abbiamo elaborato il
materiale prodotto. Il nostro lavoro finale è stato soprattutto quello di
ripulire, ordinare, catalogare, scegliere. Abbiamo cercato di stabilire il
giusto distacco per osservare il materiale secondo punti di vista diversi.
Abbiamo scelto di raccontare quest’esperienza in una forma non troppo descrittiva
che, se pure non racconta cronologicamente e analiticamente i fatti, può
restituire l’esperienza di conoscenza vissuta tra noi, i bambini, le madri e le
maestre. Si è trattato di uno scambio emotivo oltre che linguistico, uno
scambio empatico e pieno di sorprese. Lavorare con i bambini è stato anche
faticoso perché la loro energia totalizzante richiede una presenza completa e costante.
La nostra creatività è stata utile per adattarci ai cambiamenti improvvisi e
modificare le risposte agli umori e alle necessità del momento. Attraverso il
nostro lavoro abbiamo cercato di far emergere i bambini, col loro modo di
conoscere, interpretare, giocare continuamente per fare esperienza del mondo.
Il
materiale prodotto si compone di:
- Fais Dodò, un video in cui i bambini imparano una
ninna nanna da una mamma;
- Apo, un
video in cui un bambino bangladese canta una strofa di ninna nanna per
insegnarla alle mamme;
- un vocabolario del
corpo;
- una serie di
disegni del corpo fatti dai bambini che compongono un vocabolario
multilingue;
- le stampe dei
vocabolari multilingue;
- un cd audio con
tutte le ninne nanne cantate dalle mamme.
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